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Intervista al nonno Raffaele Cioni. Testimonianza raccolta da Sara Biagini.
Alla Tabina, una domenica mattina, all’uscita dalla messa io e gli altri componenti della mia famiglia stavamo facendo colazione dopo essere stati alla Santa Messa, all’improvviso sulla porta di casa sono comparsi dei soldati tedeschi i quali, senza disturbarsi a chiedere il permesso, hanno iniziato ad installare a casa nostra una postazione radio per poter comunicare con i soldati che si trovavano sul fronte di combattimento.
Dopo pochi giorni nei dintorni di casa nostra sono iniziati bombardamenti molto serrati in quanto avevano scoperto che alla Tabina c’era una base tedesca e gli alleati volevano distruggerla per impedire il collegamento con il resto del fronte. Mio padre, insieme ad altri uomini, aveva scavato, nella cantina di una casa vicina, un’ enorme galleria dove tante persone andavano a nascondersi quando veniva dato l’ allarme di un bombardamento aereo.
Mi ricordo che nella galleria veniva sempre un vecchietto che si chiamava Eugenio, il cognome non lo ricordo, o forse non l’ho mai saputo, il quale per ripararsi dal freddo indossava l’uno sopra l’ altro sette berretti. Quando uscivamo dal rifugio eravamo tutti pieni di pidocchi e bisognava correre al torrente per lavarsi. Finita la guerra nell’ aia della nostra casa era rimasto un carro armato leggero, mio padre l’ aveva svuotato di tutti i pezzi che potessero avere qualche utilità e ne aveva ricavato una gabbia atipica dove mettere le tortore.