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TESTIMONIANZA DI ADA FERRONI RACCOLTA DA GAIA MILICIANI
Della guerra ricordo poco o niente perché ero piccola. Quando è stata liberata Montese avevo dieci anni. Un episodio è rimasto indelebile nella mia mente: ero in cortile con tanti altri bambini che giocavano; sui gradini di una casa c’erano alcune mamme che ci controllavano, tra cui una donna che allattava un bambino. All’improvviso arrivò un militare che prese il neonato, lo lanciò in aria e gli sparò.
A Pietracolora, dove abitai per tre mesi, ospitammo dei soldati tedeschi che mangiavano di continuo, mentre noi pativamo la fame. Tutte le mattine mia madre doveva preparare per loro il pane. Un giorno, mentre lo stava sfornando, io e mio fratello continuavamo a dirle che avevamo fame. Mia madre non resistette e ce ne diede un pezzo ciascuno: un soldato prese una sedia e iniziò a picchiarla. Lei, nonostante il dolore, ci rassicurava che stava bene.
La stufa che avevamo in casa i soldati la portarono via, su un carro trainato da buoi, con sopra anche mia madre. Quando partì, noi figli pensavamo che non l’avremmo più rivista.
Uno dei miei fratelli morì a 19 anni: un colpo di fucile l’aveva ferito ad un piede. Non potevamo curarlo perché non avevamo le medicine. I brasiliani lo portarono al di là del fronte, ma morì prima che potessero fare qualcosa per lui.
L’altro mio fratello partì a 23 anni per la Russia, ma non fece ritorno.
Mia madre da quel giorno tenne sempre la chiave sulla porta di casa aspettando il ritorno del figlio.