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Testimonianza di Zaccaria Angelo
Ai primi di settembre del 1944 alcune formazioni partigiane si erano appostate nelle alture a nord-est di Ranocchio: Maiolo, casa Carletto, Mirandola, Cerreto, La Penna. Il mattino del 7 settembre alcuni soldati tedeschi, fra i quali vi erano anche dei russi reclutati, transitavano sulla strada Montese Ponte Docciola per portare, sembra, due cavalli al macello di Pavullo. Verso le ore nove arrivarono a Ranocchio; i partigiani, che dalle alture li avevano visti e li seguivano, aprirono il fuoco senza autorizzazione del comando. Fra le urla e lo spavento della popolazione un soldato tedesco cadde ferito a morte. Un cavallo, colpito, strappò i finimenti e morì sulla porta dell'osteria, frantumando i vetri. Un russo scappò tra i partigiani, un soldato tedesco restò ferito ma non gravemente, un'altro incolume, fuggì per i campi al di sotto del paese e riuscì a rientrare a Montese e al suo reparto per riferire l'accaduto. Intanto il soldato moribondo, un sottufficiale di Monaco, cattolico, venne assistito dal parroco di Ranocchio, don Riccardo Monterastelli, il quale, per mezzo di un interprete, il dottor Isnardi qui sfollato da Genova, gli amministro gli ultimi sacramenti. Il sodato, commosso, fra le lacrime, ringraziò il parroco dicendogli: "Le sarò riconoscente". Venne seppellito in un castagneto di fronte a Rocca. La reazione tedesca fu immediata. Nel pomeriggio, verso le quattordici, un sordo rombar di motori fece trasalire la popolazione: tre camion, pieni di soldati tedeschi in pieno assetto di guerra, sbucarono dalla curva di casa Buratta. Qui piazzarono i mortai e cominciarono a sparare verso la Penna. I partigiani risposero al fuoco con le loro mitragliatrici. Lo scontro durò poco, perché i partigiani, per evitare guai alla popolazione, si sganciarono ritirandosi oltre il Panaro.
I tedeschi, entrati in paese, minacciarono gravi rappresaglie fra cui quella di bruciare tutte le case, se entro il giorno dopo non venisse rilasciato il soldato tedesco e consegnati gli autori dell'attentato. Anche Ranocchio fu salvato e la minacciata rappresaglia non venne eseguita per merito del parroco don Monterastelli e del dottor Isnardi che intervennero presso il comando tedesco facendo presente che la popolazione non era per nulla responsabile dell'accaduto. Riferirono che il soldato aveva espresso tutta la sua riconoscenza a chi l'aveva assistito e il suo perdono per chi l'aveva colpito.
Alla fine della guerra si venne a sapere che i morti tedeschi dalla battaglia di Ranocchio furono due e non uno. Un abitante di S. Giacomo ci ha infatti rivelato che quel soldato russo, ufficialmente fuggito on i partigiani, era stato, in verità, ucciso in combattimento e subito sepolto, alla meglio, in un campo.
I tedeschi non credettero subito che corrispondesse a verità la fuga del soldato fra im partigiani e iniziarono una perquisizione, casa per casa, di tutto il paese.
Il proprietario del campo, allarmatissimo per il fatto che si poteva ben notare la terra mossa, nel luogo dell'affrettata sepoltura, salutò con gioia il sopraggiungere dell'oscurità. La paura della perquisizione che sarebbe ripresa all'alba, gli aguzzò l'ingegno. In assoluta segretezza si alzò, entrò nell'ovile, scannò una pecora e la trasportò nel campo dove giaceva il cadavere. Tolse la terra che lo ricopriva, estrasse il morto, sprofondò la fossa, ridepose il cadavere, lo ricoprì di terra, mise sopra la pecora sgozzata e la ricoprì.
Al mattino seguente, di nuovo giunsero i tedeschi. La loro perquisizione fu accurata: notarono la terra smossa. L'affannoso lavoro notturno del contadino si rivelò provvidenziale: alle prime badilate dei tedeschi emerse la carcassa della pecora......