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Testimonianza di Lina Mattioli raccolta da Claudia Tondi
Avevo sette anni quando c’è stata la liberazione di Montese e Iola.
Il giorno della liberazione i tedeschi ci avevano mandato via dalle nostre case e ci avevano fatto andare nelle case dei nostri vicini. Ricordo che nella mia casa e nel mio cortile c’erano tantissimi tedeschi che neanche volutamente mi sarei messa a contare dalla paura che avevo. Loro avevano fatto credere a me, ai miei fratelli e alle mie sorelle che se fossero venuti a casa nostra gli americani (saranno stati a 500/600 metri) ci avrebbero uccisi tutti. Alla fine capii che era solo una bugia perché quando arrivarono (i tedeschi si erano già ritirati) ci diedero tante caramelle e tanto cioccolato che era buonissimo In quel periodo stemmo benissimo perché ci davano da mangiare e ci facevano giocare.
Ricordo anche che in quei momenti avrei voluto avere la mamma vicino, ma purtroppo era morta un po’ prima che arrivassero i tedeschi. Oltretutto volevano portarci via anche il papà per farlo andare a fare delle trincee sul monte della Torraccia che io non sapevo neanche dove fosse. Per fortuna il parroco d Iola, don Alessio Verrucchi, intervenne e pregò i tedeschi di lasciare a casa il nostro papà perché eravamo tutti piccoli.
L’unica cosa di cui adesso rido, ma quando l’ho vissuta ridevo meno, è questa: un giorno due tedeschi vennero nel cortile di casa mia a mangiare le nespole mature del nostro albero e, quando mio fratello Silvio che aveva nove anni li vide, corse fuori dalla porta e urlò contro: “Raush”. In tedesco questo vuol dire “vai via”, ma lui non lo sapeva. Loro corsero in casa nostra perché volevano ucciderci, ma videro che eravamo solo dei bambini nascosti sotto il tavolo per la paura e così andarono via.
E’ stato un periodo molto brutto che è impossibile dimenticare.