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INTERVISTA AL NONNO AGOSTINO VENTURI. Testimonianza raccolta da Nicole Venturi.
Il mio nonno Agostino durante la Seconda guerra mondiale faceva il soldato e ha partecipato attivamente alla guerra, quindi aveva un sacco di cose da raccontarmi.
La cosa più incredibile che mi ha raccontato è che fu fatto prigioniero dai tedeschi mentre si trovava a Malles, è stato portato in Germania, in un campo di prigionia in un paesino vicino a Berlino. Il nonno mi ha raccontato che in questo campo di prigionia c’erano delle camerate dove dormivano 20-30 prigionieri subrande di legno, a castello, con materassi di foglie. La mattina i soldati li svegliavano alle cinque e li facevano andare in cortile, si dovevano mettere in fila tre alla volta, poi venivano divisi in gruppi che partivano per i campi di lavoro.
Mangiavano sempre poco e male, molte rape crude, a volte cotte e una volta a settimana davano i piselli cotti che a loro sembravano buonissimi. Mentre andavano ai campi di lavoro se capitava loro di trovare ai bordi della strada delle ciliegie cadute o delle patate dovevano lasciarle per terra, se qualcuno per la troppa fame le raccoglieva veniva ucciso all’istante.
Quando c’erano dei bombardamenti suonava un allarme e invece di uscire dalla porta delle camerate, che era troppo lontana, i prigionieri avevano scavato un buco profondo nel pavimento e ci si buttavano dentro uno sopra l’altro e stavano lì ammassati finché non smetteva di suonare l’allarme. Durante i bombardamenti, quando cadevano bombe vicino al campo,le porte delle camerate si scardinavano e a volte le pareti cedevano. Il nonno mi ha detto che loro non potevano scrivere a casa ne’ potevano ricevere posta, ma solo pacchi.
Lui non aveva potuto comunicare ai suoi di essere stato fatto prigioniero, ne’ dove si trovava, ma loro non si sa come erano riusciti a scoprirlo e un giorno gli arrivò un pacco da casa. I tedeschi lo controllarono, dentro c’erano dei panini che aveva fatto sua madre e i tedeschi li ruppero quasi tutti, fra quelli ancora integri il nonno ne trovò uno con dentro una lettera di sua madre che raccontava cosa succedeva a casa.
Una mattina suonò l’allarme e il nonno e i suoi compagni si buttarono nel buco, ma quella volta quando l’allarme cessò vennero a prenderli gli alleati americani per liberarli. Il nonno è stato prigioniero per due anni e io non riesco a immaginare cosa deve aver passato, mentre mi raccontava di questa cose e che era stato costretto a sparare e uccidere altri uomini gli sono venute le lacrime agli occhi e mi stavo commuovendo anch’io.
Dopo che è stato liberato, il suo viaggio per tornare in Italia è durato circa quattro mesi, viaggiando a piedi o prendendo dei treni per prigionieri che però viaggiavano solo quando non c’erano in giro truppe tedesche.
E’ arrivato a Buckenwald in un paesino diviso da un ponte dove ha preso una tradotta per l’Italia che ha raggiunto in quattro giorni l‘Italia, arrivando a Merano. Da qui con un camion è andato a Bologna dove ha preso una corriera che l'ha lasciato nella Canevaccia, da lì a piedi ha raggiunto Iola e i Felicari, il posto dove viveva la sua famiglia.
E’ arrivato di notte e ha bussato e gridato: ”Sono io, sono io” ma nessuno apriva, poi lo hanno finalmente sentito e gli hanno aperto la porta e lì è cominciata una grande festa per il suo ritorno a casa.