2009 - LA PRIMA VISITA
Tanti anni fa, quando ero un ragazzo, lessi il libro “Alamein 1942-1962” di Paolo Caccia Dominioni, che proprio in quell’anno aveva vinto il premio Bancarella.
Non avevo un’età tale da potere apprezzare pienamente il libro in tutti i suoi significati, ma esso mi fece egualmente una grande impressione.
Allora erano passati appena 18 anni dalla fine della guerra, e in un certo modo essa era ancora avvertibile nell’aria del tempo.
Da quando lessi il libro ad ora sono invece passati ben 56 anni, ormai il ricordo vivo della guerra si va dissolvendo e per le giovani generazioni esso non ha più significato, mentre per chi ha una certa età permane, associato alla memoria dei propri cari scomparsi.
E così anche per me il ricordo di El Alamein era rimasto interiorizzato, desiderando sempre visitare i luoghi dove la battaglia si svolse.
Quindi in occasione nel 2009 di un viaggio tra amici alle oasi egiziane in cui si sarebbe visitato anche il Sacrario di Alamein, nel viaggio tra Alessandria e l’oasi di Siwa imposi pure una sosta nella cittadina di Alamein, per visitare il locale museo, relativamente piccolo ma curato, completo ed equanime nel presentare le memorie dei tre eserciti che combatterono la battaglia. Del resto gli egiziani allora si dispiacquero di non essere stati liberati dal colonialismo inglese.
Il paese e i dintorni non sono più quelli di allora: Alamein è un luogo di vacanza e sulla costa mediterranea sono stati costruiti e sono in costruzione grandi villaggi vacanze, che formano quasi un continuo da appena fuori Alessandria. E anche questo è segno del tempo che passa e tutto cambia.
Poi il nostro piccolo gruppo visitò il Sacrario dei nostri Caduti, che ancora rimane isolato, luogo della memoria. Il silenzio, la quiete, la fresca brezza di mare e la solare visione del Mediterraneo che fa da sfondo all’ edificio ispiravano un senso mistico: all’interno del Sacrario eravamo tutti commossi, tanto che nessuno vi scattò fotografie ‘turistiche’, per raccoglimento e rispetto.