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TESTIMONIANZA DI EVA MAGGI RACCOLTA DA ELEONORA SANTONI
La primavera del 1945 era appena cominciata. Avevo 17 anni, abitavo a Gaggio Montano e non vedevo l’ora che finisse quest’assurda guerra.
Quel pomeriggio mia madre mi disse di raggiungere a piedi un gruppetto di case a Malalbergo, dove abitava mia zia diventata mamma da pochi giorni.
Mi incamminai, ma a Ronchidoso trovai un’amara sorpresa … era pieno di tedeschi: mi fermarono, mi chiesero dove stavo andando e mi dissero che non avrei mai raggiunto Malalbergo, ma avrei dovuto andare con loro a riconoscere un partigiano fatto prigioniero.
Mi portarono in un fienile e in fondo, lo vidi, ma non lo riconobbi.
Riuscii a scappare ed andai dalla mia amica Sara, ma arrivarono nuovamente i tedeschi che lanciarono una bomba a mano contro la casa.
Dalla paura io, Sara, suo marito e il piccolo figlioletto di 3 anni corremmo fuori, mi attaccai alla gamba di un tedesco, ma lanciarono il bimbo in aria e lo fucilarono, assieme ai genitori. Ero l’unica sopravvissuta e mi fecero prigioniera. Successivamente mi unirono a quattro ragazze. Rimasi per ben 8 giorni con i tedeschi ma, grazie al mio carattere forte e deciso, mi misi subito al lavoro. Pulii scarpe, pelai patate e svolsi lavori casalinghi. Si affezionarono a me, specialmente uno che mi portò a casa dei miei genitori perché potessi salutarli e rassicurarli. Durante il tragitto vidi moltissimi cadaveri, abbandonati vicino e dentro i fienili; nella zona di Ronchidoso i tedeschi avevano ucciso tutte le famiglie che avevano in qualche modo aiutato i partigiani. Al ritorno una ragazza con me prigioniera mi disse che lo stesso pomeriggio ci avrebbero uccise. Alle 3 ci portarono nella chiesa di Castelluccio dove arrivò il tedesco che sosteneva di aver visto 5 donne aiutare i partigiani. Quando lo vidi entrare rabbrividii: era un volto conosciuto, l’avevo visto durante le mie missioni da “staffetta” dei partigiani. Indossavo un impermeabile: mi tirai il cappuccio sul volto e stetti chinata. Il tedesco fortunatamente non mi riconobbe, ci guardò ed esclamò: “Queste ragazze non le ho mai viste”. Eravamo libere. Tornai a casa dai miei genitori, vi trovai soldati brasiliani ed inglesi e la radio dopo pochi giorni annunciò la fine della guerra. Ricordo che corremmo tutti in piazza a Gaggio a suonare e a ballare, i brasiliani lanciavano cioccolata e tutti cantavamo.
Nella mia vita il ricordo dei morti di Ronchidoso non mi ha mai abbandonato.