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 TESTIMONIANZA DI GIOVANNA BERTARINI RACCOLTA DA ALICE PICCHIONI
Prima della liberazione avevo 9 anni, abitavo in una casa con sotto un negozio, come quelli di una volta, dove si vendevano generi molto vari. Quando i partigiani arrivavano, andavano nelle camere da letto e ci facevano alzare tutti per vedere se sotto al materasso c'erano oggetti di valore. La nostra abitazione venne presa di mira perché, avendo il negozio, era ricca di cose utili, i partigiani quindi vennero più volte. Io e la mia famiglia resistemmo a lungo, ma quando il fronte si avvicinò, decidemmo di andarcene pensando di essere al sicuro, ma non fu così. Andammo in un podere di alcuni contadini e ci accomodammo nella stalla con anche le mucche, ma alcune notti dopo il fienile venne bombardato e prese fuoco ed entrarono i tedeschi urlando: “Via civili!” E liberarono le mucche, ma non sapevamo dove andare. Dopo andammo in un rifugio naturale, con la nostra nonna, poco distante dal podere e ci sistemammo per dormire con quello che eravamo riusciti a prendere. Poi dopo un po' vedemmo una lampadina illuminare il rifugio; erano i tedeschi, entrarono ed urlarono: “Civili, civili!” E si sistemarono lì con noi. Il giorno dopo i tedeschi offrirono a me e ai miei fratelli marmellate, pane, cose da mangiare.
Purtroppo però davanti alla “porta” c'era una mitraglia.
Decidemmo poi di passare il fronte ed andammo a Bombiana dove c'erano dei nostri parenti che ci ospitarono, intanto gli americani avanzavano.
Il 21 aprile il fratello di mia nonna, giocando dietro casa con un amico, fece scoppiare una bomba a mano trovata mentre avanzavamo verso Bombiana e morì.
La liberazione, perciò, non venne vissuta con tanta allegria, considerata la morte del fratello.
Decidemmo di tornare al podere e vedemmo che la mucca più vecchia era tornata, molto mal messa.