L’86° Reggimento di fanteria da montagna fu il primo della 10a Divisione da montagna ad arrivare in Italia.
Sbarcò a Napoli il 23 dicembre 1944. Il 25 dicembre 1944 il 1° Battaglione, con annesse compagnie di servizi e quartier generale, si stava spostando a nord verso Pisa in treno, con il rimanente del reggimento che l’avrebbe seguito via mare in sette o otto giorni. A causa dello “spavento” di ciò che stava accadendo in quel momento nella Valle del Serchio il resto del reggimento partì per Livorno via mare il 26 dicembre 1944. Tutte le unità furono concentrate nell’area di stazionamento di Pisa dove erano disponibili i mezzi di trasporto e sarebbero state eseguite le verifiche finali. Entro il 30 dicembre 1944, la Valle del Serchio si era calmata e il reggimento si stava trasferendo a Quercianella, sette miglia a sud di Livorno per l’addestramento e la pratica nello sparo con le armi.
Il 6 gennaio 1945, l’86° Fanteria da montagna passò sotto il controllo della Task Force 45 e si preparò a spostarsi sulla linea dell’Appennino, rilevando vari battaglioni “Ack-Ack” [Artiglieria Antiaerea]. L’86° Fanteria da montagna rimpiazzò il 900° Battaglione AA nell’area di Belvedere nella notte tra l’8 e il 9 gennaio. In quella località, in quel momento, c’era da un metro a un metro e mezzo di neve sul terreno. La sostituzione fu fatta di notte, dopo uno spostamento durato un giorno intero da Quercianella sino a cinque chilometri a est di Porretta Terme.
Gli uomini erano carichi di attrezzature invernali, zaini pesanti da venti a venticinque chili. Quattro coperte erano state assegnate a ciascun uomo poiché non erano disponibili sacchi a pelo. Due furono arrotolate e lasciate a terra nel punto di arrivo dei camion per essere poi raccolte più tardi quando i mezzi di trasporto divennero disponibili. Poiché i camion che li trasportavano non erano dotati di catene furono scaricati a Porretta Terme, la Compagnia B marciò per oltre undici chilometri di sera su strade ghiacciate. La Compagnia A, che doveva andare più lontano, lasciò cadere i propri zaini o non ce l’avrebbe mai fatta. Il cambio fu completato la mattina del 9 gennaio, senza incidenti e prima dell’alba. Il battaglione difendeva un’area di circa undici chilometri di terreno molto accidentato e aspro, specialmente ad ovest, dove c’era, in tutti i sensi del termine, un fianco aperto con circa quaranta chilometri di montagne tra la nostra sinistra e l’unità successiva sulla sinistra. Sul fianco destro c’era la B.E.F [Brasilian Expeditionary Force - Forze di Spedizione Brasiliana o F.E.B].
I crucchi avevano mantenuto le cime più alte e uno si sentiva come se fosse nel fondo di una tazza con il nemico seduto su due terzi del bordo che guardava giù su di te. C’era più o meno l’occultamento che poteva avere un pesce rosso in un acquario. Il Battaglione CP fu istituito nella città di Vidiciatico. A causa della mancanza di attrezzature per la neve abbondante, non fu possibile eseguire un appropriato pattugliamento. Alla fine, all’arrivo di alcuni sci e racchette da neve, furono mandate fuori da tre a cinque pattuglie al giorno. Questo si dimostrò un eccellente addestramento per gli uomini, che erano per la prima volta in gioco, e serviva a renderli preparati al combattimento nelle successive operazioni offensive.
A ovest del paese di Vidiciatico e in generale a sud-ovest, c’era una scarpata molto ripida e frastagliata chiamato crinale Mancinello-Campiano. Questa catena di vette saliva dal canalone molto ripido del fiume Dardagna sino a varie altezze. Risalendo bruscamente dalla città fortificata di Rocca Corneta, si estendeva fino a Monte Spigolino, una distanza di circa undici chilometri. Le cime da nord a sud erano Pizzo di Campiano (968 metri), Monte Cappel Buso (1.158 metri), Monte Serrasiccia (1.402 metri), Monte della Riva (1.424 metri), Monte Mancinello (1.463 metri), Cingia del Bure (1.410 metri), Le Piagge (1.494 metri), Serra dei Baichetti (1.326 metri), Cingia Sermidiano (1.646 metri), e Monte Spigolino (1.838 metri). L’altezza del canyon del Dardagna variava da 488 metri all’estremità nord, a circa 762 metri all’estremità sud. Non c’erano crepacci o passaggi bruschi. Il lato est era generalmente molto ripido, accidentato, con scarpate, gole e sponde ripide. Il lato ovest era alquanto mite, privo di punti interrotti e pendii fino quasi ad un altopiano a ovest di Monte della Riva. Lo spartiacque sul lato est era brusco, caratterizzato da cascate la cui acqua scorreva veloce. Queste si gettavano in un fiume che scorreva parallelo alla base della crinale, le cui rive variavano ripide in una gola. Uno dei fattori importanti da considerare era la pendenza del lato est della scarpata che si sarebbe dovuto scalare per prendere quel crinale tenuto dal nemico. Nel punto più corto, la pendenza media di Monte Cappel Buso era di circa 30 gradi. Quella media di Monte Serrasiccia era 40 gradi. Ovviamente i crucchi presidiavano tutto questo altopiano.
All’epoca dell’arrivo del 1° Battaglione non si notò alcuna grande attività sul crinale, tranne alcuni OP [Observation point - punti di osservazione] noti dai quali veniva diretta l’artiglieria e colpi di mortaio quando, di giorno, vedevano qualche movimento nella città di Vidiciatico o nei suoi dintorni. All’inizio, il movimento era limitato al minimo. Con il passare dei giorni, il traffico durante il giorno fu autorizzato ad aumentare, quindi se e quando fosse stata avviata un’operazione contro Belvedere, un aumento del volume di movimento non avrebbe necessariamente messo in allarme i crucchi. La quantità di colpi di mortaio e l’artiglieria nemica era sorprendentemente piccola.
Nella pianificazione dell’operazione Belvedere fu deciso che il crinale di Campiano-Mancinello (chiamato Riva Ridge in considerazione della presenza del M.te Riva) doveva essere preso prima di un attacco contro il Belvedere, a causa dell’importanza della sua posizione per l’osservazione. Una volta preso questo crinale, i nostri osservatori di artiglieria sul campo potevano dirigere il fuoco dell’artiglieria sulle posizioni dei crucchi, che correvano lungo la linea di Rocca Corneta-Polla-Corona-Belvedere. Se il crinale non fosse stato preso, i crucchi potevano dirigere l’artiglieria sulle schiene delle nostre truppe durante l’attacco al Belvedere.
Dopo una ricognizione del comandante della divisione, il maggiore generale George P. Hays, l’86° Fanteria da montagna ricevette la missione di conquistare il crinale Campiano-Mancinello prima di qualsiasi attacco che serebbe stato lanciato contro il Belvedere, con il 1° Battaglione, facente parte dell’86° Fanteria da montagna, che avrebbe fatto lo sforzo principale contro il Pizzo di Campiano - Monte Cappel Buso - Monte Serrasiccia - Monte Mancinello. Il crinale Mancinello-Campiano era considerato il secondo elemento sul terreno più importante della zona e Monte Belvedere il più critico. Il crinale forniva un’eccellente osservazione della parte ovest dell’area, specialmente sul Belvedere stesso. Da qui si poteva osservare la maggior parte della zona dietro il crinale del Belvedere-Torraccia. Se si fosse incontrata una forte resistenza nella presa di Riva Ridge, si ritenne opportuno ritardare l’attacco principale fino a quando non si fosse ottenuto un’osservazione migliore.
Prima dell’arrivo del 1° Battaglione dell’86° Fanteria da montagna nell’area del Belvedere non era stato effettuato alcun pattugliamento verso la dorsale Mancinello-Campiano. Il 15 gennaio 1945 una pattuglia fu inviata a Campiano con la seguente missione:
1. Individuare e segnalare la forza del nemico su Campiano.
2. Assicurarsi dei prigionieri nemici.
Poiché la pista era coperta di neve e ghiaccio, in alcuni punti era aspra e molto ripida, questa pattuglia era composta da cinque esperti alpinisti. Questa pattuglia era guidata dal Sergente Carl Casperson della Compagnia B. Vennero usati gli sci che, prima di raggiungere la cima, furono nascosti e la pattuglia poté arrampicarsi liberamente sulla parete rocciosa fino alla sommità. Mentre si avvicinavano alla cima, un cane abbaiò e un crucco spuntò dagli alberi, si guardò intorno, non vide la pattuglia accucciata contro il lato di una sporgenza rocciosa, quindi tornò indietro. Mentre il sergente Casperson ed i suoi uomini proseguivano lungo la sporgenza, il cane abbaiò di nuovo. Ne uscirono tre crucchi, uno armato di una carabina, gli altri due disarmati. Si spostarono verso la sporgenza da dove osservarono la pattuglia in colonna lungo di essa. Il sergente Casperson ed il sergente Froelicher sollevarono i loro mitragliatori Tommy [mitragliatore Thompson] e Casperson, in inglese, disse “Mani in alto”. I crucchi furono ambedue sorpresi e frastornati, dopo di che quello con la carabina tentò di imbracciare l’arma. Al primo movimento sia Casperson che Froelicher fecero partire una raffica dai loro mitragliatori Tommy. I crucchi crollarono, una mitragliatrice aprì il fuoco e la pattuglia tornò rapidamente sui propri passi lungo la sporgenza, con i proiettili che schizzavano su tutta la montagna. Da quel momento in poi ci fu un aumento dell’attività sul crinale. Vi fu un continuo miglioramento e scavo di posizioni vecchie e nuove.
Il risultato di questa pattuglia fu che avevamo una pista su cui una piccola forza di uomini di montagna ben addestrati poteva avanzare. Se si doveva prendere il crinale erano necessari altri percorsi. Questo sentiero era denominato numero 1. Alla pattuglia ci vollero quattro ore e mezza da Ca’ di Julio per raggiungere il punto in cui incontrarono i crucchi. Questo punto era appena in cima alla vetta del Pizzo di Campiano. Gli uomini erano senza zaini e portavano solo fucili e munizioni. Il sentiero era impraticabile per i muli. La larghezza della pista variava da trenta a sessanta centimetri e le corde fisse sarebbero servite per gli uomini sull’ultimo tratto verso l’alto. Un ponte attraversava il Dardagna vicino a Ca’ di Julio: era di pietra e largo un metro e mezzo. Si ritenne che un plotone di uomini fisicamente preparati ed addestrati in montagna poteva salire su questo sentiero e prendere la vetta del Pizzo di Campiano.
I sentieri erano difficili da trovare a causa delle condizioni della neve. Quando le nevicate iniziarono a rallentare, con l’aiuto dei partigiani, fu tracciato un sentiero che passava da Farnè-Pianacci a Ca’ di Julio fino a Monte Cappel Buso. Questo sentiero, ci fu detto, poteva essere usato dai muli quando la neve si fosse sciolta. Il tenente George R. Schiemier fu inviato di notte per localizzare e perlustrare la pista. Una pattuglia di otto uomini uscì sugli gli sci. La pista fu trovata e la pattuglia arrivò poco sopra la cima del Cappel Buso dove udì una pattuglia di Crucchi avvicinarsi, quindi la nostra pattuglia si ritirò.
Il sentiero era buono, ma impercorribile per i muli a causa della neve. Questo sentiero fu denominato numero 2. Senza zaini ci sarebbero volute tre ore e mezza o quattro di duro cammino per raggiungere la cima del Monte Cappel Buso da Ca’ di Julio. Se ben caricati o se la neve si fosse sciolta, i muli potevano utilizzarlo e persino passare in entrambe le direzioni. Questa pista era considerata buona e due giorni di utilizzo da parte dell’uomo avrebbero compresso la neve sufficientemente per permettere il passaggio dei muli. Qualsiasi truppa poteva passare sia di giorno che di notte. Non sarebbero state necessarie corde fisse in nessun punto. Lo svantaggio principale consisteva nel fatto che la pista era completamente esposta al fuoco delle armi portatili del nemico per tutta la sua lunghezza, da destra, da sinistra e davanti. Avanzare su un ampio fronte non era possibile. Tutti gli uomini e gli ufficiali speravano che la neve si sciogliesse prima di dover prendere il crinale poiché questo avrebbe facilitato molto il movimento.
Il 28 e 29 gennaio, l’86° Fanteria da montagna fu rilevato dall’85° e dall’87° Fanteria da montagna. Il reggimento venne concentrato per addestrarsi nei pressi di Lucca. Il 1° Battaglione e una compagnia rinforzata del 2° Battaglione, dovevano prendere il crinale. Il reggimento era anche riserva del IV Corpo. L’attacco fu pianificato un giorno di febbraio. Un distaccamento del 1° Battaglione S-2, sotto il comando del tenente Wilson Ware, fu lasciato a La Ca’ con tre ufficiali e ventuno soldati per condurre la perlustrazione e la ricognizione dei sentieri e verificare le loro condizioni. Questo distaccamento trovò altre due vie. Uno a Monte Serrasiccia, un rilievo molto aspro che avrebbe avuto bisogno di alcune corde fisse per superare parecchie sporgenze rocciose. Il tenente McCown aprì la strada e trovò questa pista.
Una notte la sua pattuglia raggiunse la cima e rilevò le posizioni e cavi dei crucchi. Le posizioni non furono occupate poiché in seguito scoprimmo che i crucchi passavano la notte nei loro rifugi sul retro del crinale. Questo sentiero era denominato numero 3. Era un sentiero accidentato e molto ripido ma ci diede un percorso diretto verso la cima del Monte Serrasiccia, una cima che era necessario tenere. Partiva dalle vicinanze di Miglianti e Casa Tonelli, scendeva in una profonda gola, attraversava il Dardagna e poi finiva in due case abbandonate a circa quattrocentocinquanta metri sotto la vetta. Da lì in poi era una serie di sporgenze rocciose, scogliere e burroni. Questo percorso avrebbe dovuto essere inizialmente utilizzato solo per rifornimento ed evacuazione a mano, fino a quando non fossero state sviluppate linee di rifornimento e percorsi laterali, dall’inizio del sentiero per i muli sino a Monte Cappel Buso. La scalata di questo percorso da parte della Compagnia C, rinforzata, era un risultato fisico da ammirare e mostrava cosa potevano fare gli uomini quando si erano eddestrati in montagna. I tratti superiori del sentiero erano esposti al fuoco di piccole armi fino alla cima. Sarebbero state necessarie sei corde fisse per facilitare il movimento delle truppe in cima alla sporgenza rocciosa e a due piccole scarpate. Il tenente McCown, che fu ucciso la notte del 20 febbraio 1945, mentre guidava una pattuglia, deve essere lodato per aver selezionato una pista che portò questa compagnia alla cima senza una vittima. Era anche necessario costruire una passerella molto grezza per attraversare il Dardagna la notte dell’attacco. Una squadra pionieri appartenente al Plotone del Battaglione A & P [Ammunitions & Pioneers - Munizioni e pionieri] fu aggregata a questa forza per quello scopo.
Il tenente Gordon Anderson della Compagnia A trovò un altro sentiero a sud lungo il Dardagna e poi su un pendio molto ripido in cima. Il tenente Anderson aveva fatto ricognizioni per la sua compagnia lungo i sentieri per un lungo periodo, tentando di trovare un percorso adatto verso Monte Mancinello. Alla fine un sentiero fu trovato dalla pattuglia del tenente Anderson da Poggiolforato, a sud attraverso il Dardagna, poi su un canyon in cima al crinale verso Monte Cingia del Bure.
La compagnia avrebbe dovuto avanzare giù per il crinale e prendere Monte Mancinello da sud. Questo sentiero era denominato numero 4. Il sentiero che portava dal fondo del canyon era protetto da piccoli alberi dal fuoco delle armi sui fianchi, ma non dalla parte anteriore in alto. Anche i Crucchi ci guardavano dall’alto in questa gola. Un gruppo di pionieri fu aggregato a questa forza anche per costruire un ponte sul Dardagna la notte dell’attacco.
Entro il 12 febbraio 1945 la neve non era più un ostacolo su nessuna delle piste, poiché si era sciolta o si era così abbassata, tanto che avrebbe trattenuto il peso di un uomo senza bisogno di sci o racchette da neve. Come risultato di questa continua ricognizione si sviluppò il seguente piano per assalire il crinale in cinque colonne, usando cinque diversi percorsi.
La compagnia F, rinforzata, aveva trovato un sentiero da Madonna dell’Acero fino alle alture a sud di Monte Mancinello chiamate Le Piagge. Una volta arrivati in cima, dovevano proteggere il fianco sinistro del 1° Battaglione. Quando il crinale fu messo in sicurezza dal 1° Battaglione, la Compagnia F si sarebbe ricongiunta al loro battaglione come Riserva di Divisione e il 1° Battaglione sarebbe stato responsabile della la sua protezione sul fianco sinistro.
I sentieri erano numerati da destra a sinistra con il numero 1 che andava al Pizzo di Campiano, il numero 2 a Monte Cappel Buso, il numero 3 a Monte Serrasiccia, il numero 4 a Monte Mancinello, ed il numero 5 a Le Piagge. A Lucca le compagnie furono organizzate in “forze”. Ogni compagnia doveva selezionare un plotone d’assalto dei suoi migliori uomini di montagna. Questo plotone doveva essere preceduto da una squadra di tre o quattro uomini che controllava il sentiero e poteva fissare le corde nei posti richiesti.
1. Solo i percorsi numero 1 e 3 richiedevano corde fisse. Le squadre sul sentiero erano equipaggiate con corde, chiodi e martelletti. Fu deciso che il rumore di un martello poteva essere smorzato avvolgendolo in un panno. Questo fu provato e dimostrato in maniera soddisfacente. Venne anche deciso di cogliere l’occasione per installare corde fisse, in quanto questo avrebbe facilitato la scalata e impedito incidenti dovuti a cadute.
2. Originariamente era previsto che i plotoni d’assalto fossero composti da uomini scelti dal battaglione. Circa il 70% degli uomini del battaglione era stato addestrato a Camp Hale sulle Montagne Rocciose. Di conseguenza fu deciso che non si sarebbero formati a caso i plotoni d’assalto ma ogni comandante di compagnia avrebbe designato un plotone della sua compagnia come plotone d’assalto. Ciò fu fatto e ciò aumentò il morale e lo spirito degli uomini poiché tutti loro si consideravano alpinisti, anche se non si erano allenati tutti in montagna. Quando si fosse arrivati vicino alla cima, la squadra avrebbe permesso al plotone d’assalto di passare attraverso di essa e attaccare il crinale. Ogni plotone d’assalto aveva una mitragliatrice A-6 e almeno sei mitragliatori Tommy. Dopo le due settimane di allenamento a Lucca, soprattutto in una cava, scoprimmo che il 30% non allenato a Camp Hale era abbastanza abile nei movimenti su terreni accidentati poiché era composto da giovani che desideravano essere bravi come il resto degli alpinisti. Certo se avessimo dovuto usare sci e racchette da neve sarebbe stata una storia diversa. Non bastava l’addestramento di due settimane per diventare sciatori e saper utilizzare le ciaspole.
Quello che segue è una dislocazione delle varie forze:
Forza A - Sentiero n. 1, Obiettivo, Pizzo di Campiano 1 Plotone, Compagnia A (2 A-6 MG5) 2 Squadre di barellieri 1 Osservatore avanzato e squadra.
Forza B - Sentiero n. 2, Obbiettivo, Monte Cappel Buso 1 Compagnia, Compagnia B 1 Plotone MG, 1° Plotone, Compagnia D, equipaggiato con LMG 2 Sezioni mortaio da 81 mm, 1a e 2a sezione, 3° Plotone Compagnia D dotato di 1 canna lunga e 1 canna corta per mortaio da 81 mm 2 Squadre di barellieri 1 Osservatore avanzato e squadra.
Forza C – Sentiero n. 3 - 1 Compagnia, Compagnia C 1 Plotone MG, 2° Plotone, Compagnia D, equipaggiato con LMG 1 Sezione mortaio da 81 mm, 3a Sezione, Compagnia D, dotata di due mortai da 81 mm a canna corta 3 Squadre barellieri 1 Squadra Pionieri 1 Osservatore avanzato e squadra.
Forza D – Sentiero n. 4 - 1 Compagnia meno un Plotone, Compagnia A 2 squadre di barellieri 1 Squadra Pionieri 1 Osservatore avanzato e squadra.
Forza E – Sentiero n. 5 - 1 Compagnia, Compagnia F 1 Plotone MG, 1° Plotone, Compagnia H Sezione mortaio da 81 mm 2 squadre di barellieri.
Le forze sopra descritte lavorarono insieme per circa due settimane a Lucca. Fu utilizzato il terreno più accidentato dell’area e tutti i materiali furono imballati come richiesto nell’operazione. Agli uomini fu dato ulteriore addestramento e pratica per spostarsi lungo sporgenze e pareti rocciose completamente attrezzate. Anche a Lucca fu realizzato una tavola di sabbia in scala del crinale Mancinello-Campiano, utilizzando mappe e foto aeree aggiornate. Era disponibile un flusso continuo di foto che si rivelò molto prezioso. Il piano fu trasformato in un ordine e l’ordine fu emesso oralmente sette giorni prima dell’operazione, che era stata fissata provvisoriamente per il 19-20 febbraio. Una stanza a parte era stata attrezzata e vi furono collocati il tavolo di sabbia, mappe e foto aeree e tutte le segnalazioni inviate tramite corriere dal distaccamento di La Ca’, comandato dal tenente Ware, che pattugliava e controllava continuamente i sentieri e le loro condizioni. I comandanti di compagnia del 1° Battaglione usarono questa stanza per l’orientamento e l’emissione dei loro ordini a tutti gli uomini delle loro compagnie e alle unità aggregate. Di conseguenza, ogni singolo uomo e ufficiale aveva una conoscenza approfondita e completa dell’operazione e quale sarebbe stato il proprio lavoro. La tavola di sabbia e le foto aeree si sono dimostrate preziose e sono state in parte responsabili del successivo successo dell’operazione.
Il reggimento aveva disponibi le seguenti informazioni di intelligence.
La 7a compagnia del 1044° Reggimento Panzer Grenadier della 232a Divisione, con possibili elementi dalla 14a Compagnia AT [Anti tank - anti carro], occupava un triangolo delimitato tra Pizzo di Campiano, Monte Spigolino e Fanano, con circa centosettanta uomini. Due battaglioni da montagna erano stati segnalati a Sestola il 14 febbraio dai partigiani italiani. La forza presente sul crinale in qualsiasi momento, era stata stimata dai quaranta ai cinquanta uomini. Essi presidiavano posizioni ben scavate, che coprivano tutte le possibili vie di avvicinamento. Le posizioni si supportavano a vicenda, i campi di fuoco erano buoni e per lo più in discesa, l’osservazione era eccellente. Poiché gli unici approcci al crinale erano lungo sentieri stretti, una mitragliatrice ben piazzata poteva impedire l’avanzamento delle colonne su ognuna di queste rotte precedentemente selezionate. Per fare in modo che l’attacco avesse successo, la concentrazione di truppe doveva essere compiuta con segretezza in prossimità al nemico con un’osservazione eccellente.
Inoltre, la sorpresa doveva essere completa e quindi si decise di attaccare durante la notte, il 1° Battaglione facendo lo sforzo principale, su quattro colonne e quattro sentieri. L’ordine del battaglione era molto minuzioso e preparato nei minimi dettagli. Furono utilizzate le seguenti mappe: Italia, 1: 25000 97 I SE Gaggio Montano, 97 I SW Fanano, 97 II NW Cutigliano, 97 II NE Lizzano in Belvedere. Tutti i comandanti dei plotoni erano in possesso di tutte le mappe.
Siccome il battaglione era stato trasportato vicino a Porretta Terme, si decise di marciare sino ai piedi del crinale Mancinello-Campiano e rimanere nascosti nelle case dei villaggi di Ca’ di Julio, Pianacci, Farnè, Migliante e Poggiolforato. La Compagnia F, rinforzata, si sarebbe trasferita a Madonna dell’Acero prima del 1° Battaglione. A tutti gli uomini era richiesto di rimanere all’interno delle case, con le guardie appostate dietro a tutte le finestre e le porte. Ciò permise agli uomini di riposare un giorno intero dopo la marcia di quattordici miglia dal DP [Depature point - Punto di partenza] di Castelluccio, alle aree di partenza dell’attacco. Inoltre, diede loro il tempo per una revisione finale del piano di attacco. Il 1° Battaglione partì da Lucca il mattino del 17 febbraio con mezzi a motore e arrivò al DP al buio. Una volta attraversato il crinale che nascondeva Castelluccio poichè durante il giorno tutti i movimenti erano sotto osservazione dal Monte Belvedere, si proseguì con una marcia notturna.
Il 15 febbraio il Comandante del Battaglione sorvolò il crinale per effettuare un’ultima ricognizione su ogni nuovo movimento e un ultimo studio del terreno. Come risultato di questo volo fu elaborato il seguente piano: a ovest di Monte Cappel Buso c’era un costone che si estendeva da Monte Serrasiccia, che chiamavamo Crinale X il quale, come visto dall’aria e dalle fotografie, era importante in quanto controllava Monte Cappel Buso che, insieme a Pizzo di Campiano, doveva essere tenuto a tutti i costi per privare i crucchi dell’osservazione degli approcci a Monte Belvedere. Da Campiano e Buso i nostri osservatori di artiglieria potevano anche dirigere il fuoco sul retro del Belvedere e del Monte della Torraccia e su tutta la linea dei Crucchi da Rocca Corneta, Polla e Corona. Crinale X è stato anche un buon percorso di approccio per il contrattacco contro Monte Serrasiccia. Fu elaborato un piano di attacco in base al quale la Forza D (Compagnia A meno un plotone) avrebbe lasciato un plotone su Monte Mancinello e avrebbe rilevato la Compagnia C e gli attaccanti su Monte Serrasiccia; la Compagnia C quindi si sarebbe occupata di difendere il Crinale X. Se il Crinale X fosse occupato dai crucchi, sarebbe stato lanciato un attacco, su ordine del Comandante di Reggimento tramite il Comandante del 1° Battaglione, il giorno seguente da parte di questa compagnia. Un ordine da campo scritto, molto completo e dettagliato fu elaborato insieme a una copertura. Questo fu distribuito quattro giorni prima che il battaglione si trasferisse, così tutti ebbero abbastanza tempo per studiarlo. Seguì l’ordine completo con copertura. Poiché questo era il primo combattimento offensivo di questa unità, che comprendeva una difficile e specifica operazione, tutte le istruzioni erano molto complete e dettagliate.
Le unità arrivarono nelle aree di partenza nella notte del 16-17 febbraio. I motori dei veicoli lavoravano molto silenziosamente. Gli uomini avevano un supplemento di quarantotto caricatori di munizioni, per un totale novantasei caricatori. Queste munizioni, così come un extra di razioni K, erano state fornite a Vidiciatico, attraverso cui le truppe erano passate. Specifici veicoli avevano preceduto le truppe in modo che i mortai, le mitragliatrici e le munizioni extra dovettero essere trasportate a mano dai soldati solo per un tratto lungo dai quattrocento agli ottocento metri. Tutti i veicoli erano tornati indietro sotto il controllo del battaglione prima che facesse buio. Questo fu considerato tatticamente corretto in considerazione del fatto che il nostro fronte era coperto da un battaglione di fanteria.
Nella notte del 16-17 febbraio era stato steso un cavo 110 da parte di una squadra avanzata, che partiva dal CP del Battaglione, nella località Farnè, sino a tutte le aree di partenza. Il cavo fu steso nella neve e ricoperto. Il piano era che ogni colonna avrebbe avuto una squadra di cinque uomini addetta al cavo 130, che avrebbe dovuto seguire la colonna lungo la salita e riferire al battaglione, ogni ora, la posizione. Questo funzionò molto bene. In nessuna circostanza doveva essere usata la radio, salvo in caso di emergenza ove si venisse a contatto con il nemico.
Era previsto che se una colonna avesse incontrato resistenza e non poteva avanzare durante la notte, all’alba avrebbe chiamato il fuoco di supporto dell’artiglieria e poi avrebbe attaccato. Il fuoco di supporto consisteva in: tre battaglioni di artiglieria da campo a diretto supporto dell’86° Reggimento, per il periodo 18-19 febbraio, sette mitragliatrici calibro .50 per la copertura di fuoco diretto in direzione Pizzo di Campiano e Cappel Buso, posizionate a La Ca’ e Plinardo.
Il battaglione anticarro (obici da 75mm) di fuoco diretto, posizionato a La Ca’; un plotone di carri medi, in posizione di fuoco diretto su Pizzo di Campiano, Cappel Buso e Serrasiccia; un plotone di mortai chimici. Queste unità erano tutte in posizione la notte del 18-19 febbraio e potevano fare fuoco su ordine del comandante del 1° Battaglione. Il comandante del battaglione non aveva voluto nessun fuoco di aggiustamento, in modo da non compromettere l’elemento sorpresa che era necessario per rendere l’attacco un successo. Il piano di fuoco completo fu elaborato anticipatamente dal comandante del battaglione e dal tenente colonnello Pearson, comandante del 605° Battaglione Artiglieria da campo, la nostra squadra di artiglieria da combattimento. Questo piano consisteva in una serie di concentrazioni di fuoco numerate, che coprivano tutto il crinale, anche in considerazione delle caratteristiche particolari del terreno. Il comandante di ogni unità aveva un osservatore avanzato e una squadra dotata di cavo e radio, che conosceva il piano di fuoco. Appena il crinale fosse stato preso, avrebbe avuto inizio l’aggiustamento per il fuoco difensivo. Le comunicazioni con le armi per il tiro diretto avvenivano via filo dal Battaglione CP. Fortunatamente le armi per il tiro diretto non furono necessarie durante l’attacco iniziale. Solo le mitragliatrici calibro .50 furono usate in seguito. Il plotone mortai chimici era provvisto di radio SCR300, sintonizzate sullo stesso canale delle compagnie. Molte volte il loro fuoco era diretto dal comandante della compagnia con l’ SCR300. Questo fu un espediente che, anche se soddisfacente al momento, non era pratico. I mortai avevano appoggiato la truppa nel fermare i contrattacchi e furono usati contro i ripari dei tedeschi per scopi di disturbo.
La missione del battaglione era suddivisa in tre parti:
- Conquistare il crinale Mancinello-Campiano e occupare, organizzare e difendere i punti chiave del terreno.
- Proteggere il fianco sinistro della 10a Divisione da montagna nel suo attacco a Monte Belvedere.
- Supporto di fuoco e aiuti, attraverso l’osservazione, al reggimento a sinistra (l’87°) nel suo attacco contro Monte Belvedere.
Coerentemente con la terza parte della missione, fu deciso di portare quattro mitragliatrici calibro .50 e un obice da 75 mm sul crinale. Lo scopo era quello di avvicinare queste armi in prossimità di Pizzo di Campiano o Monte Cappel Buso e fare fuoco direttamente sulla linea di difesa principale dei Crucchi, che si estendeva da Rocca Corneta, un terreno fortemente difeso, attraverso i paesi fortificati di Polla e Corona. Gli osservatori avanzati potevano dirigere il fuoco su quel terreno, in modo molto efficiente, in supporto all’attacco. Naturalmente il primo problema era di mettere in sicurezza il crinale, e difenderlo dal contrattacco che si sapeva sarebbe arrivato. Dopo di che i cannoni potevano essere portati su. Le mitragliatrici calibro .50 non furono un problema ma l’obice da 75 mm ci diede un po’ di preoccupazione.
L’attacco iniziò al calare del buio, alle 19,30, la notte del 18-19 febbraio. Insieme al battaglione c’era un plotone di portatori composto da trenta uomini della Compagnia Servizi dell’86° Reggimento che seguiva la Compagnia B sul sentiero 2. Il plotone trasportava: quattro mitragliatrici calibro .50 sugli zaini a spalla, munizioni per mortaio e calibro .50. Queste armi erano principalmente per il fuoco diretto sul crinale di Rocca Corneta e Polla, in supporto all’attacco dell’87° Reggimento. Fu organizzato un plotone mitragliatrici della compagnia D per sparare con queste armi.
Fu previsto di utilizzare i muli della compagnia Alpini sul sentiero 2 che doveva essere la principale via di rifornimento del battaglione. Questa era l’unica via sulla quale avrebbe potuto passare un mulo.
Vi era anche la 256a QM Compagnia Trasporto comandata dal Capitano Fred Burke. Questi uomini carichi con gli zaini a spalla, salirono per il sentiero 3 e rifornirono le Compagnie A e C di acqua e munizioni: questa strada era impercorribile per i muli.
La compagnia A, sul sentiero 4, caricò sui propri uomini le dotazioni base di munizioni e razioni. Era previsto di rifornirli dal sentiero 3 ed eventualmente, con i muli, dal sentiero 2. Il battaglione era stato rafforzato da ottanta uomini. Trenta di questi furono forniti dalla Compagnia D, per essere organizzati in un plotone trasporto per questa compagnia di armi pesanti. Quindici furono forniti dalla Compagnia B, quindici dalla Compagnia C e venti dalla Compagnia A, per essere usati come trasportatori.
Tutta la Compagnia del Quartier Generale, incluso i cuochi, furono usati come trasportatori e fecero un eccellente lavoro nell’imballaggio di razioni, acqua e munizioni per le rispettiva unità. Tutti i rifornimenti e le munizioni non potevano che essere portate a mano o, sul sentiero 2, sui muli. L’evacuazione era stata pianificata sui sentieri 2 e 3. Tutto sarebbe stato trasportato a mano, con delle stazioni di sosta su ogni percorso presso i quali era disponibile del plasma. Questo fu effettivamente messo in pratica e non fu perso nessun ferito.
Il secondo giorno, dopo la conquista della cima di Monte Cappel Buso, la Compagnia D del 10° Battaglione Genieri da montagna, completò una funivia che terminava su un pianoro, sulla parte più ripida della pista, oltre metà strada verso la vetta. Questa teleferica si dimostrò inestimabile per i rifornimenti e per le evacuazioni e fu costruita in un tempo brevissimo ed in condizioni difficili. Questa compagnia supportava direttamente il 1° Battaglione dell’86° Reggimento. Per loro fu necessario aprire una strada metro per metro per portare l’attrezzatura nel sito dove costruire la teleferica.
L’attacco procedeva secondo i piani. Ci fu solo un contatto con il nemico sul sentiero 2 da parte della Compagnia B. Mentre il plotone d’assalto raggiunse la cima di Monte Cappel Buso, i crucchi aprirono il fuoco con mitragliatrici e pistole mitragliatrici. Approfittando di quanto appreso in precedenza, di non rispondere al fuoco di notte, lo scaglione di testa continuò l’avanzata. Non fu sparato un colpo da parte dei nostri uomini. Tutte le colonne raggiunsero i loro obbiettivi senza perdite.
I crucchi si erano ritirati nei loro rifugi per la notte, senza lasciare nessuno di sentinella. Era stato guadagnato il massimo, la sorpresa era completa, ed era stato preso un importante terreno accidentato senza una perdita. Alle 01,17 del 19 febbraio, il plotone d’assalto della Compagnia B era sulla cima di Monte Cappel Buso. Il resto della compagnia era quattrocentocinquanta metri più giù, lungo il sentiero. Alle 02,50 tutta la Compagnia B era in posizione su Monte Cappel Buso e si stava tricerando. La mitragliatrice e le pistole mitragliatrici si erano ritirate lungo Ridge X e sparavano ad intermittenza. Non rispondemmo al fuoco. Alle 02,58 del 19 febbraio, la Compagnia A era in posizione e si stava tricerando senza avere avuto nessun contatto con i Crucchi. Alle 04,07 i comandanti delle Compagnie E ed F avevano definito e fissato i confini di contatto e di comando. Alle 03,05 la Compagnia C era sulla cima e si tricerava. Una pattuglia mandata in avanti non aveva avuto alcun contatto.
Per tutto questo tempo erano scese nebbia e nuvole.
La forza A sul sentiero 1, a Pizzo di Campiano, non aveva ancora fatto rapporto. Questo era un percorso molto difficile e si era in ansia per questa colonna. Alle 05,45 la forza A fece rapporto via cavo. Poco prima della luce del giorno tutte le unità erano sulla cima. La Forza A, comandata dal tenente Loose della Compagnia A, trascorse un periodo molto difficile. Quel sentiero era molto pericoloso, ripido e lungo. All’inizio della serata era scesa una nebbia fitta. La squadra addetta al cavo e l’osservatore avanzato dell’artiglieria si erano persi, e non vennero ritrovati prima del giorno dopo. Il plotone si era diviso ma, alla luce del giorno, erano tutti arrivati al loro obbiettivo. La radio dell’artiglieria si era rifiutata di funzionare, così era stato usato l’SCR300 della fanteria per dirigere il fuoco dell’artiglieria. Questo plotone avanzò ed occupò le posizioni dei crucchi, che erano state preparate in modo magnifico ed erano coperte. I crucchi si erano ritirati nelle loro case per la notte, così alla luce dell’alba il tenente Loose prese una pattuglia ed andò verso le case, dove fece tre prigionieri e ne uccise altri quattro. Fu catturata una valigetta di documenti insieme a un mortaio da 81mm, centosessantacinque proietti, venti binocoli, mitragliatrici, cibo e rifornimenti.
Durante la prima mattina, una nebbia molto densa si posò su tutto il crinale di Mancinello-Campiano. Questo fu estremamente vantaggioso per noi, ci permise di nascondere i nostri movimenti sul crinale e ci diede più tempo per scavare e preparare le postazioni. Prima della luce del giorno tutte le unità si erano trincerate sul crinale e stavano preparando e organizzando le loro postazioni. Pattuglie erano state inviate sui fianchi senza venire in contatto con il nemico. Il silenzio radio fu rotto alle 06,00 del 19 febbraio.
Alle 11,00 la nebbia iniziò a sollevarsi e furono eseguiti i puntamenti dell’artiglieria e dei mortai. Il primo scontro a fuoco fu sostenuto dalla Compagnia A alle 11,06 con alcuni crucchi nelle vicinanze di alcune case a Sega. Per le 12,00 la pattuglia della Compagnia C contattò la Compagnia B su Cappel Buso e la pattuglia della Compagnia B aveva contattato la Forza A su Campiano. La compagnia A aveva ingaggiato una pattuglia nemica di dodici uomini che si era avvicinata a circa centottanta metri dalle mitragliatrici. Sei furono uccisi e sei si arresero. Erano molto sorpresi di trovare le truppe americane sul crinale. Alle 13,00 la Compagnia C osservò una forza nemica di quaranta uomini avanzare verso Monte Serrasiccia e le proprie postazioni. I crucchi osservarono alcuni dei nostri uomini e li salutarono. I nostri uomini restituirono i saluti e aspettarono i crucchi nel loro raggio d’azione. Il fuoco fu aperto a centottanta metri, e la colonna di crucchi fu disintegrata; alle 13,35 il resto dei crucchi lanciò un attacco alla Compagnia C dalla direzione Ridge X. Furono ricacciati indietro dall’artiglieria, mortai e fuoco di mitragliatrici, e scomparvero in un bosco su Ridge X.
La mattina del 19 febbraio alle 03,00 due squadre di muli arrivarono con una compagnia trasporto di Alpini Italiani. Avevano marciato per trentadue chilometri e così gli fu permesso di riposarsi sino alle 10,00 a Farnè. Un obice era stato portato a Farnè con un Weasel, era stato sistemato su slitte (questo obice poteva essere diviso in più parti), ed era stato fatto il tentativo di spingerle su per il sentiero 2. I muli Italiani erano stati considerati troppo piccoli per trasportare il tubo. A tutto il Plotone AT del 1° Battaglione fu affidata la missione di mettere in posizione l’obice sul crinale. Le slitte non erano pratiche e l’obice, alla fine, fu caricato sui muli che lo trasportarono fino alla cima di Monte Cappel Buso dove il cannone iniziò a sparare alle 16,50. Il mulo morì poche ore più tardi.
Le quattro mitragliatrici calibro .50 erano state appoggiate vicino alla cima del sentiero 2 dove furono raccolte dal tenente Boudoures e dal plotone portatori alle 19,25. Il cavo tra Pizzo di Campiano e la Compagnia B era fuori uso. Mentre il tenente stava avanzando lungo un crinale a coltello a Campiano, una MG dei crucchi ferì il tenente e quattro uomini. Si scoprì in seguito che i crucchi si erano infiltrati tra la Compagnia B, a Monte Cappel Buso, e il plotone del tenente Loose, su Campiano, e avevano tagliano il cavo. Le calibro .50 furono piazzate sul Monte Cappel Buso, da dove potevano sparare non solo su Rocca Corneta ma con un raggio d’azione più ampio.
Nella notte tra il 19 e 20 febbraio il plotone del tenente Loose subì contrattacchi: il primo arrivò alle 18,20 In quel momento l’FO (Osservatore sul Campo) chiamò il fuoco dell’artiglieria sulla sua posizione. Dopo una verifica, partì il fuoco. Grazie all’eccellente postazione costruita dei crucchi, non subimmo nessuna perdita. Questa posizione fu un punto caldo e i crucchi combatterono duramente per essa. Più volte tentarono di circondare la postazione ma furono allontanati dal fuoco dell’artiglieria diretta dall’SCR 300 del plotone e dalle granate. I tentativi di prendere contatto con questo plotone durante la notte non riuscirono in quanto i crucchi avevano una forte postazione che copriva il crinale a coltello e che poteva essere attraversato dai rinforzi solo in fila indiana. A mezzogiorno del giorno successivo, il plotone del tenente Loose fu rinforzato da un plotone della Compagnia B. Il plotone del tenente Loose subì nove feriti che furono portati a mano al pronto soccorso del battaglione a Ca’ di Giulio. Sei uomini furono uccisi. Come risultato dell’azione notturna, furono contati ventisei nemici morti attorno alle postazioni. Dal 19 fino al 23 febbraio, quando il 1° Battaglione fu rilevato dalla battaglione anticarro della 10a, la cima del Pizzo di Campiano fu soggetta a sei contrattacchi. L’ultimo nella prima mattina del 21 febbraio quando settanta uomini attaccarono da due parti e furono respinti con pesanti perdite. Le mitragliatrici calibro .50 fecero il tiro a segno, respingendo il tentativo ambizioso del Crucchi di salire su per il pendio a nord est del Pizzo di Campiano. La Divisione attaccò il Belvedere alle 23,00 del 19 febbraio.
Alle 13,10 del 20 febbraio il piano per conquistare Ridge X venne messo in atto quando le truppe nemiche vennero viste muoversi nel bosco. La Compagnia C attaccò, supportata dal fuoco di artiglieria, dai mortai da 81 mm della Compagnia B dall’area di Monte Cappel Buso e dalle mitragliatrici calibro .50 dal Buso. Ridge X fu presa e la seconda parte funzionò secondo il piano. Alle 11,45 del 20 febbraio fu ordinato alla Compagnia F di scendere dal crinale e il 1° Battaglione restò responsabile per il fianco sinistro. Per questo motivo un plotone fu lasciato a Monte Mancinello. Piccole pattuglie di Crucchi stavano ancora vagando attorno a questa area apparentemente molto confusi.
Alle 20,00 del 20 febbraio, la Compagnia E fu rilevata dalle posizioni di Castello e Sussadello dove avevano protetto il fianco destro del 1° Battaglione. Poiché Monte Belvedere-Corona e Polla erano state conquistate non c’era più bisogno di questa compagnia. Il 2° Battaglione era in riserva. Durante il pomeriggio del 20 febbraio l’obice da 75 mm e due mitragliatrici calibro .50 spararono su Rocca Corneta e il presidio si arrese agli elementi della Compagnia E.
Contrattacchi, la cui forza diminuiva, continuarono lungo il crinale per il 20, 21 e 22 febbraio. Erano pattuglie composte da dieci uomini fino a compagnie composte da settanta a ottanta uomini. In nessun caso arrivarono mai alle nostre postazioni. Diverse volte utilizzarono il trucco della bandiera della Croce Rossa per entrare nelle nostre postazioni ma questo fallì. Piccoli gruppi di tre o quattro uomini furono presi sotto il fuoco di artiglieria e di mortai che, in spazi aperti, era molto efficace.
L’installazione della funivia, costruita dalla Compagnia D del 10° Battaglione Genieri, fu di grande assistenza per i rifornimenti e l’evacuazione. Il trasporto a mano della 256a Compagnia QM e l’evacuazione dei feriti giù per il sentiero 3 fu eccellente. Il plotone portatori della Compagnia Servizi portò in cima rifornimenti e munizione e portò giù feriti e morti. Anche gli uomini della Compagnia del Quartier Generale sono stati di grande aiuto e tutti hanno trasportato pacchi fino all’esaurimento, alcuni facendo sino a tre viaggi in ventiquattro ore. Per il 21 febbraio furono portate sul crinale 10 ¾ tonnellate di munizioni e non vi fu mai carenza di munizioni, razioni o acqua. I piccoli muli Italiani fecero il servizio di fureria anche se il comandante del battaglione ritenne necessario fare supervisionare il loro lavoro da quattro o cinque uomini addetti ai muli, insieme ad alcuni sottufficiali americani che parlavano italiano, per tenerli sempre in movimento.
Il 23 febbraio il 1° Battaglione dell’86° Reggimento fu rilevato dal Battaglione anticarro. L’obbiettivo era stato conquistato senza perdite, ma i contrattacchi costarono un tributo di diciassette morti, trentotto feriti e tre dispersi. Grazie all’uso del plasma nessuno dei feriti fu perso, anche se, in alcuni casi, ci vollero da sei a dodici ore per portare una perdita giù dal crinale. Quando la teleferica fu operativa, questo tempo si ridusse a quattro ore, a volte due.
Dagli interrogatori dei prigionieri si apprese che: la 7a Compagnia del 1044° Reggimento Fucilieri della 232a Divisione teneva il crinale. Questa compagnia fu rilevata il 19 febbraio da due compagnie del 4° Battaglione da montagna. Una terza compagnia di questo battaglione da montagna era a Sestola. Questi erano probabilmente i settantacinque uomini che i P-47 mitragliarono sulla strada per Fanano. La 7a Compagnia subì forti perdite nel combattimento del 19-20 febbraio. La Compagnia F annientò una colonna di trenta crucchi con delle mitragliatrici, quindi si può presumere che il 4° Battaglione avesse cessato di esistere come forza di combattimento organizzata. In nessun momento si aspettavano un attacco sul crinale, e fu una completa sorpresa in quanto ritenuto troppo aspro, un ostacolo ostico da prendere per una grande unità. Il successo di questa operazione, preludio all’operazione di Monte Belvedere e alla svolta finale verso il Po e le Alpi, può essere accreditato ai seguenti motivi:
- Il 70% del personale fu addestrato sulle Montagne Rocciose americane. Non aveva timore del terreno accidentato, a precipizio e difficile.
- Ricognizione preventiva dell’obbiettivo per le rotte di approccio da parte di ufficiali e soldati che conoscevano la montagna.
- Un piano complesso reso facile da ordini dettagliati, l’uso delle “tavole di sabbia”, foto aeree e il completo insegnamento dei piani a ogni uomo e ufficiale del battaglione mediante l’uso di “tavole di sabbia” e foto aeree.
- Ricognizione aerea, da parte dei comandanti, del terreno che non poteva essere osservato con una ricognizione a terra.
- Un periodo di addestramento su un terreno il più possibile compatibile sul quale si sarebbe andato ad operare.
- Movimenti notturni sia nella fase di avvicinamento che di attacco.
- Condizione fisica e resistenza, che fu l’ostacolo più difficile da superare inizialmente.
- Il morale alto e lo spirito di corpo degli uomini che sapevano di essere specializzati nell’attrezzatura da montagna e quando gli veniva dato un obbiettivo avrebbero fatto del loro meglio per raggiungerlo al fine di giustificare la loro formazione specializzata.
Fonte: The Riva Ridge Operation Report of Lt. Col, Henry J. Hampton, 12 June 1945